Il bisogno di scrivere, delle volte, si spinge fino alla punta delle dita quasi a farmi male.
Sento una fitta la petto, come se dovessi dire qualcosa, che se non la dico sto male, il nodo alla gola pizzica e ha bisogno di sciogliersi.
Quando poi mi ritrovo di fronte a questi tasti il bisogno si allevia, la sofferenza si fa più mite mano a mano che li sfioro, questi tasti...e mi accorgo che no, non è vero che ho qualcosa di impellente da dire. La verità è che non ho niente da dire.
Niente, almeno, che non possa condividere solo come me stessa.
Ci sono giorni in cui starei solo con me stessa, solo con me sto bene. Ci sono giorni in cui anche la mia presenza mi infastidisce, mi serve il rumore, mi serve la gente. In quei giorni mi convinco che dopotutto anche io sono un animale sociale, che sono come quegli orsi che vivono lassù, tra le montagne, in un'armonica solitudine perfetta e poi te li vedi camminare per la strada del paese quando vai a comprare il pane al mattino.
In quest'ultimo periodo ho capito che non si è mai contenti della propria vita.
Ho capito che l'insoddisfazione fa parte dell'indole umana, almeno di quella femminile e che la spirale di infelicità ti avvolge nella sua morsa senza che si possa fare nulla per liberarsene.
Chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane.
La saggezza popolare mi ha sempre fatto un po' paura.
Ma a scandagliare nella mia vita alla ricerca dell'amica puramente e disperatamente felice predo tempo. Anche quelle che all'apparenza avrebbero tutto per esserlo si scoprono mancanti ed io devo constatare amaramente che fa parte di noi, l'insoddisfazione. Che anche quando si ha tutto, agli occhi degli altri, si vorrebbe di più.
Oggi è uno di quei giorni li, di quelli in cui ho ben chiaro quello che mi manca.
Un amico mi ha detto "se non hai mai avuto le farfalle nella pancia non sei mai stata innamorata".
Io so che lo sono stata, a modo mio, ed anche profondamente.
Il ricordo di quell'amore punge come uno spillo, certe notti.
Ho amato semplicemente perché lui andava amato, meritava di essere amato, anche con la semplicità con cui lui amava me.
Forse non mi sono tremate le ginocchia, non ho avuto le vertigini, ma so di averlo guardato in un paio di occasioni e di aver pensato che no, non potevo desiderare di più.
È amore, quello. Lo è per me, almeno.
Le farfalle sono un'altra storia.
Sono le mie mancanze, reali o presunte. È quello che non ho e quello che non do che oggi mi tormenta e mi fa sentire quel bruciore alla punta delle dita che si allevia solo se scrivo.
Scrivo ed esorcizzo.
Scrivo e spero di arrivare al cuore di chi sa che potrei dare di più, vorrei dare di più, ma non so come si fa.
Scrivo per potermi rileggere di tanto in tanto, estraniandomi da me, fingendo di non essere io per cercare di capire quella che sono e che non capisco.
Scrivo.
Scrivo e non so perché.
Scrivo e non so per chi.
...E per quanto sia faticoso abbandonare la strada già segnata ed apparentemente più sicura, scopre che è possibile trovare nuove vie, e che ci vogliono sia il sole sia la pioggia per fare un arcobaleno.
Saper sognare è un dono, ma il sogno può diventare una gabbia dorata se per realizzarlo si accettano così tanti compromessi da perdere di vista la felicità. Perché é giusto credere nelle favole. L'importante è saper accettare che la nostra potrebbe essere diversa da quella che abbiamo sempre immaginato.
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Si, lo voglio sapere cosa pensi. Si, anche se pensi male, anche se pensi niente. Lo voglio sapere...