Avevo iniziato a scrivere il post che parla di LUI.
E per la prima volta, forse nella mia vita intera, mi sono mancate le parole.
Perché su di LUI non c'è più nulla da dire? O forse perché parlare di LUI lo riporterebbe qui, con me, in questa casa che avevo costruito per noi e che lui non ha nemmeno mai visto...
A volte le mie parole fanno paura, a me.
Dopo che mi sono uscire, dalla bocca, ma sopratutto dalle dita, perché quando scrivo non sono io e sono io in senso assoluto.
Forse é per questo che, nonostante la volontà, non riesco a scrivere di LUI. Se le mie parole uscissero dalla mia testa e restassero impresse così violente come sono nei miei pensieri, forse rileggerle potrebbe farmi una paura che non ho voglia di vivere. Perché é stato difficile riuscire a parlare di LUI senza piangere per anni; e se di norma penso che scrivere mi aiuti ad esorcizzare le seghe mentali da reginaindiscussadelleseghementali, in questo caso ho paura che scrivere di lui riporterebbe in vita un dolore che faticosamente ho insabbiato e tentato di dimenticare. Perché quando i ricordi sono così pesanti e le cicatrici così evidenti, forse, é meglio tacere, perché parlarne non fa che evocare una sofferenza. Oggi, quindi, le mie parole mi fanno paura. Quello che potrebbe uscire dal mio cuore e dalla mia memoria, rimanendo impresso qui, nel mio piccolo mondo virtuale, rischia di essere troppo emotivamente doloroso da affrontare, una volta impresso "nero su bianco". No, forse non sono ancora pronta.
Forse non lo sarò mai.
E per quanto io sia perfettamente consapevole che una cicatrice non fa male, é solo il segno perenne del dolore che hai provato e che forse, almeno nel mio caso, sta lì a dimostrarlo che se ce l'ho fatta quella volta, a non morire, potrò farcela sempre...
Ecco, per me quella cicatrice, la cicatrice di quello squarcio nel cuore, significa che da allora non sono mai più stata la stessa e che niente, nell'amore, per me, sarà più uguale.
Davanti ad un bicchiere di vino, qualche sera fa, parlavo con una piccola amica prossima al matrimonio che come fa a contenere tanta saggezza nei suoi 50 kg scarsi io ogni tanto me lo chiedo sinceramente.
Parlavo di me, della paura che ho di non saper amare mai, più, mai più. Io mi sento così, ad ogni fallimento sempre più cosciente dei mie limiti, del mio blocco, delle mie paure.
Parlavo del mio brutto carattere.
Ed ecco le parole che ogni amica, da un'amica, dovrebbe sentirsi dire, per capire che qualche cosa di buono, nella vita, é riuscita a farlo.
La piccola amica dice che io non ho un brutto carattere, a parer suo, che ho UN CARATTERE, il che, a parer mio, è pure peggio.
Io ho confini netti, idee precise ed una personalità fortemente definita. Delle volte, forse, sono un po' rigida...mentre lei è morbida, accondiscendente e paziente e.....AVOLTEVORREBBEESSERECOMEME. Sbalorditivo. Lei, che ha un uomo che la sposerà e che vive per lei ed in funzione di lei, lei dice che a volte si domanda qual'e il confine che la separa dalla sua vera essenza e dal leifidanzatadilui.
Quindi è questo lo stato delle cose? Chi è troppo rigido, come me, vorrebbe essere più flessibile e chi non lo è lo vorrebbe essere in una spirale di piccole insoddisfazioni che non si chiude mai...
Mal comune mezzo gaudio, si potrebbe dire.
Ma a me il male comune non ha mai dato gaudio, perché se tre i miei millemila difetti ho un pregio è che sono altruista e generosa in modo compromettente e, delle volte, anche doloroso.
Quindi, no, mal comune mezzo gaudio una sega.
ne ero sicura, io, lo sapevo che il bisogno di tirare fuori i miei pensieri pesanti ed ingarbugliati, che mi ha spinto a scrivere, non ha fatto altro che renderli parole ingarbugliate e pesanti.
Che di me dicono che nonostante io mi proclami anaffettiva, disillusa e disincantata, sono solo piccola, fragile ed insicura.
Che faccio la forte, la leonessa, ma sono un micino che ruba forza, rassicurazioni ed amore da chi un po' di uno ed un po' dell'altro, nel corso della mia vita, non me l'ha mai fatto mancare.
Il mio FASTIDIOSOAMICOSAGGIO, la PICCOLAAMICA, l'amica lontana che forse è stata proprio lei a proclamarmi reginadelleseghementali, la mia amica bionda che fa la mamma e di seghe mentali nemmeno l'ombra in tutta la sua vita, l'amica bionda che mi regala perle di autostima quando l'autostima manca, e manca spesso, quell'amico un po' Peter Pan style che mi fa ridere quando ne ho bisogno e si trasforma quando i miei bisogni sono più seri...
Eccoli, i miei intricati e convulsi pensieri, che so che se dovessi rileggere questo post prima di pubblicarlo probabilmente non lo pubblicherei più.
Ma so già che avrò voglia, tra un po', di rileggermi per dire a me stessa quanto sono ingarbugliata, nebulosa, noiosa e sciocca...so che lo farò, in uno di quei momenti di apparente calma, in cui tutto sembra andare bene, quei momenti che quando vanno via ti rimproveri per non esserteli goduti abbastanza.
Ogni tanto poi tornano, qui momenti, un bicchiere di vino, una passeggiata con l'amica lontana e il cane, una colazione con la mamma e la bimba, una giornata di sole come oggi, che se forse esco sul balcone e faccio un bel respiro tutto sembrerà più facile.
...E per quanto sia faticoso abbandonare la strada già segnata ed apparentemente più sicura, scopre che è possibile trovare nuove vie, e che ci vogliono sia il sole sia la pioggia per fare un arcobaleno.
Saper sognare è un dono, ma il sogno può diventare una gabbia dorata se per realizzarlo si accettano così tanti compromessi da perdere di vista la felicità. Perché é giusto credere nelle favole. L'importante è saper accettare che la nostra potrebbe essere diversa da quella che abbiamo sempre immaginato.
domenica 30 dicembre 2012
sabato 29 dicembre 2012
C.A.P.O.D.A.N.N.O...
Ogni anno, puntuale come un orologio svizzero, arriva, LEI, la domanda:
COSAFAIACAPODANNO?????????
e puntuale come solo io so essere, come solo le mie risposte pungenti possono essere, eccola, la mia risposta: NON LO SO. (E non me ne frega un cazzo!)
ma perché? Dico io, questa ossessione per la notte di capodanno?
Lo so che sono fatta male io, ma come sempre, quando una cosa agli altri piace troppo, per reazione a me fa schifo.
Io la notte di capodanno l'aborro. Profondamente.
Lo stress che sideveperforzafarequalcosa, che le mutande rosse ce le devi avere, figlio mio, che senza c'avrai un anno sfigato, che "chitrombaacapodannotrombatuttoanno".
Parliamone.
Settimana bianca con gli amici: fatta
Cena e festa in discoteca: fatta
Baita in montagna: fatto
Capodanno in piazza: fatto...
E potrei andare avanti a lungo, ma sono buona.
Le mutande rosse sempre, perché sono scaramantica e non si sa mai...
Risultato? C'è bisogno di dirlo?
L'anno scorso, dopo un anno piuttosto di merda, ho fatto le cose per bene.
Invitata da amici di amici di amici si va a cena in una discoteca (nella quale durante l'anno non metto piede nemmeno sotto tortura, nemmeno legata, imbavagliata e sedata), chiusa al pubblico ed adibita a festa privata per pochi "eletti".
Sono stata brava, l'anno scorso: vestito capodannostyle, rossetto rosso ed unghie perfettamente smaltate, capello che stava bene per forza, dopo gli sforzi profusi nel rendere l'acconciatura presentabile, i pianti, le preghiere e qualche bomboletta di lacca...
MA-CHE-DUE-PALLE, che due palle, ragazzi.
Ma perché io mi devo infliggere certe punizioni? Che si sa che io sono selvatica, un po' sociopatica e strana, che dice tutto e dice niente e racchiude tutta la mia essenza.
A me la festa per forza mi mette la tristezza, lo sappiamo che io c'ho la tristezza e che se già le feste mi rendono triste, dovermi piegare al cliché di una festa che va festeggiata necessariamente, perché se non festeggi sei out, sei sfigato, patetico e poverino...ecco, scatena in me quel meccanismo di reazione che si attiva da quando avevo più o meno quatto anni, ad ogni imposizione.
Eravamo al parco, io e Papá, magari non avevo quattro anni, ma l'età era quella, su per giù.
Bene che stavo, io, a giocare da sola.
Niente, i bambini giocano in gruppo, sennò sei diversa. E quindi eccolo, mio padre, che da allora non ha mai perso il vizietto di dirmi cosa devo fare: "Giulia, perché non vai da quella bambina e le dici CIAOVUOIESSEREMIAAMICA..."
Io, che ero piccola e le parolacce ancora non le conoscevo: "..................!!!!!!!!........****************???????......"
Quindi io le cose per forza non le faccio, le cose perché le devo fare non le faccio.
Ma davvero, se volessi stare a casa, in pigiama, a mangiare schifezze e guardare le repliche di Grey's anatomy, mi chiedo, sarei davvero una pecora nera sociale?
Che io alle 23 comincio a sbadigliare e mi viene l'ansia, che per me alle 00.10 CIAO È STATO BELLO BUONA NOTTE A TUTTI...
Ed invece no, è solo l'una non puoi andare a casa così presto, sono solo le due, sono solo le tre....è capodanno!!!!!!!!!
La notte di capodanno, per tradizione, dovrebbe servire a salutare l'anno che se ne va, ma io non gli voglio parlare, al 2012, che mi sta sul culo, che come il 2011 non é che sia stato molto generoso con me.
Non ho nemmeno grandi propositi per il 2013, che gli hanno scorsi avevo fatto persino una lista e, per la legge della sfiga direttamente proporzionale alla scaramanzia, mi ha portato male.
Per me il primo gennaio, da sempre, equivale all'inizio della dieta...che durerà, come ogni anno 12 mesi. Per il resto, come sempre. Nulla é cambiato, da ieri.
COSAFAIACAPODANNO?????????
e puntuale come solo io so essere, come solo le mie risposte pungenti possono essere, eccola, la mia risposta: NON LO SO. (E non me ne frega un cazzo!)
ma perché? Dico io, questa ossessione per la notte di capodanno?
Lo so che sono fatta male io, ma come sempre, quando una cosa agli altri piace troppo, per reazione a me fa schifo.
Io la notte di capodanno l'aborro. Profondamente.
Lo stress che sideveperforzafarequalcosa, che le mutande rosse ce le devi avere, figlio mio, che senza c'avrai un anno sfigato, che "chitrombaacapodannotrombatuttoanno".
Parliamone.
Settimana bianca con gli amici: fatta
Cena e festa in discoteca: fatta
Baita in montagna: fatto
Capodanno in piazza: fatto...
E potrei andare avanti a lungo, ma sono buona.
Le mutande rosse sempre, perché sono scaramantica e non si sa mai...
Risultato? C'è bisogno di dirlo?
L'anno scorso, dopo un anno piuttosto di merda, ho fatto le cose per bene.
Invitata da amici di amici di amici si va a cena in una discoteca (nella quale durante l'anno non metto piede nemmeno sotto tortura, nemmeno legata, imbavagliata e sedata), chiusa al pubblico ed adibita a festa privata per pochi "eletti".
Sono stata brava, l'anno scorso: vestito capodannostyle, rossetto rosso ed unghie perfettamente smaltate, capello che stava bene per forza, dopo gli sforzi profusi nel rendere l'acconciatura presentabile, i pianti, le preghiere e qualche bomboletta di lacca...
MA-CHE-DUE-PALLE, che due palle, ragazzi.
Ma perché io mi devo infliggere certe punizioni? Che si sa che io sono selvatica, un po' sociopatica e strana, che dice tutto e dice niente e racchiude tutta la mia essenza.
A me la festa per forza mi mette la tristezza, lo sappiamo che io c'ho la tristezza e che se già le feste mi rendono triste, dovermi piegare al cliché di una festa che va festeggiata necessariamente, perché se non festeggi sei out, sei sfigato, patetico e poverino...ecco, scatena in me quel meccanismo di reazione che si attiva da quando avevo più o meno quatto anni, ad ogni imposizione.
Eravamo al parco, io e Papá, magari non avevo quattro anni, ma l'età era quella, su per giù.
Bene che stavo, io, a giocare da sola.
Niente, i bambini giocano in gruppo, sennò sei diversa. E quindi eccolo, mio padre, che da allora non ha mai perso il vizietto di dirmi cosa devo fare: "Giulia, perché non vai da quella bambina e le dici CIAOVUOIESSEREMIAAMICA..."
Io, che ero piccola e le parolacce ancora non le conoscevo: "..................!!!!!!!!........****************???????......"
Quindi io le cose per forza non le faccio, le cose perché le devo fare non le faccio.
Ma davvero, se volessi stare a casa, in pigiama, a mangiare schifezze e guardare le repliche di Grey's anatomy, mi chiedo, sarei davvero una pecora nera sociale?
Che io alle 23 comincio a sbadigliare e mi viene l'ansia, che per me alle 00.10 CIAO È STATO BELLO BUONA NOTTE A TUTTI...
Ed invece no, è solo l'una non puoi andare a casa così presto, sono solo le due, sono solo le tre....è capodanno!!!!!!!!!
La notte di capodanno, per tradizione, dovrebbe servire a salutare l'anno che se ne va, ma io non gli voglio parlare, al 2012, che mi sta sul culo, che come il 2011 non é che sia stato molto generoso con me.
Non ho nemmeno grandi propositi per il 2013, che gli hanno scorsi avevo fatto persino una lista e, per la legge della sfiga direttamente proporzionale alla scaramanzia, mi ha portato male.
Per me il primo gennaio, da sempre, equivale all'inizio della dieta...che durerà, come ogni anno 12 mesi. Per il resto, come sempre. Nulla é cambiato, da ieri.
lunedì 24 dicembre 2012
Tutta colpa dei miei genitori...
Per un motivo o per l'altro, si sa, è sempre colpa loro.
IOODIOIMIEIGENITORI, ogni esemplare di sesso femminile con un età che oscilla tra il 12 ed i 16 anni (DIO LIBERI LE DONNE DA QUEL PERIODO) con un'adolescenza travagliata come la mia l'ha pensato, almeno una volta, anche due, tre, quattro...
Insomma,
È tutta colpa loro, ma alla fine ci torni sempre, da loro, bambina debole.
Freud docet.
Chiamatelo complesso di edipo o semplice dato di fatto, ma mio padre mi ha rovinato la vita.
Rovinata e condizionata in modo irreversibile.
Mio padre ama mia madre.
Chissacosapensavate.
Papà, mi leggi? Ti sei spaventato, eh?
Mio padre ama mia mamma di quell'amore fottutamente meraviglioso che tutte le donne sognano.
Mia mamma, che alle prime pene d'amore mi citava la MIA, che gli uomini non cambiano, prima parlano d'amore e poi ti lasciano da sola.
Macchenesai tu, mamma.
Beata te, che MIA diceva che l'uomo in gruppo è più cattivo e quando è solo ha più paura, ma i miei sono sempre stati cattivi uguali.
Mio padre rispetta e stima mia madre, la protegge e nello stesso tempo ha bisogno di lei come un bambino.
Mio padre senza mia madre sarebbe un uomo perso, lo dice sempre: iosenzalamammanonsostare, un paio d'ore fa l'ultima volta.
è il braccio destro e la metà del cuore di mia mamma, sono ciò che manca uno dell'altro per essere completi.
Sono un assolo.
Quarant'anni insieme per sentirlo dire tutte le sere, a cena: "avete visto che bella la mamma oggi?".
I miei genitori insieme sono felici, basta.
Quanta banalità in una vita insieme, se questa vita è felice.
Che palle quarant'anni di vacanze insieme e non annoiarsi mai.
Quanto impegno ci si deve mettere perché questo succeda?
Quanto ci si deve smussare, modellare per diventare la metà della mela perfetta per qualcuno?
Quante volte ci si deve piegare ad un compromesso, si deve ingoiare un piccolo rospo o farsi morire una frase in gola anche se è li, sulla punta della lingua che spinge per uscire?
Quando vivi per trent'anni con questo esempio, dico io, come puoi accettare il compromesso di accontentarti della marmaglia informe e degenere (degenerata e degenerante) di gente che c'è in giro?
Accontentarsi, è questo il punto.
In buona sostanza insegnandomi l'amore mi hanno traviato. Hanno inculcato nella mia mente da bambina, adolescente poi, ragazza e donna l'idea che è così che dovrebbe essere ed ora, trascenderne, diventa piuttosto complicato.
Per non dire praticamente impossibile.
Non puoi trascendere da questo, se questo è quando hai visto, respirato ed imparato nella vita.
Che poi, a pensarci bene, chi vuole trascenderne? Chi è disposto ad accettare qualcosa di diverso sapendo che può esistere una cosa così...
ora, a dispetto di quello che puó pensare Freud, o la Melanie, sua discepola, che sinceramente a me mi inquieta un po la figura di Freud, perché uno che partorisce certe idee, così dal niente, qualche problema ce l'aveva già di suo, a dispetto di quello che dice lui, a me mancherà sempre qualcosa.
Tutto questo in buona sostanza significa: avere come esempio di vita l'amore è un male.
Vedere come si vive in mezzo all'amore ti mette un sacco di paletti, di limiti e di vincoli. è oggettivo!
Vedere il loro amore rende più chiari i miei confini e più limpide le mie mancanze.
Che il mio ormai famoso senso di inadeguatezza si propaga e dilaga al pensiero che io dovrei vivere un amore così e sono lontana anni luce anche solo dall'averlo intravisto da lontano, un amore così.
Quella è la strada per la felicità e saperlo mi rende il percorso per raggiungerla più facile o più tortuoso?
Per stasera dovrò accontentarmi di una serata tra amici, di cose semplici, che non sono poi così male, non sono male per niente, in effetti.
Per stasera, che è Natale e si sa che siamo tutti più buoni, anche io che buona non lo sono mai, mi sento fortunata un po come è fortunata la mia mamma, a modo mio, ad avere chi mi scrive "per me sei la numero uno". Che ad essere la numero uno per una persona come lui c'è già da sentirsi arrivate nella vita.
E per la cronaca, uno come lui, a mio padre piacerebbe pure.
IOODIOIMIEIGENITORI, ogni esemplare di sesso femminile con un età che oscilla tra il 12 ed i 16 anni (DIO LIBERI LE DONNE DA QUEL PERIODO) con un'adolescenza travagliata come la mia l'ha pensato, almeno una volta, anche due, tre, quattro...
Insomma,
È tutta colpa loro, ma alla fine ci torni sempre, da loro, bambina debole.
Freud docet.
Chiamatelo complesso di edipo o semplice dato di fatto, ma mio padre mi ha rovinato la vita.
Rovinata e condizionata in modo irreversibile.
Mio padre ama mia madre.
Chissacosapensavate.
Papà, mi leggi? Ti sei spaventato, eh?
Mio padre ama mia mamma di quell'amore fottutamente meraviglioso che tutte le donne sognano.
Mia mamma, che alle prime pene d'amore mi citava la MIA, che gli uomini non cambiano, prima parlano d'amore e poi ti lasciano da sola.
Macchenesai tu, mamma.
Beata te, che MIA diceva che l'uomo in gruppo è più cattivo e quando è solo ha più paura, ma i miei sono sempre stati cattivi uguali.
Mio padre rispetta e stima mia madre, la protegge e nello stesso tempo ha bisogno di lei come un bambino.
Mio padre senza mia madre sarebbe un uomo perso, lo dice sempre: iosenzalamammanonsostare, un paio d'ore fa l'ultima volta.
è il braccio destro e la metà del cuore di mia mamma, sono ciò che manca uno dell'altro per essere completi.
Sono un assolo.
Quarant'anni insieme per sentirlo dire tutte le sere, a cena: "avete visto che bella la mamma oggi?".
I miei genitori insieme sono felici, basta.
Quanta banalità in una vita insieme, se questa vita è felice.
Che palle quarant'anni di vacanze insieme e non annoiarsi mai.
Quanto impegno ci si deve mettere perché questo succeda?
Quanto ci si deve smussare, modellare per diventare la metà della mela perfetta per qualcuno?
Quante volte ci si deve piegare ad un compromesso, si deve ingoiare un piccolo rospo o farsi morire una frase in gola anche se è li, sulla punta della lingua che spinge per uscire?
Quando vivi per trent'anni con questo esempio, dico io, come puoi accettare il compromesso di accontentarti della marmaglia informe e degenere (degenerata e degenerante) di gente che c'è in giro?
Accontentarsi, è questo il punto.
In buona sostanza insegnandomi l'amore mi hanno traviato. Hanno inculcato nella mia mente da bambina, adolescente poi, ragazza e donna l'idea che è così che dovrebbe essere ed ora, trascenderne, diventa piuttosto complicato.
Per non dire praticamente impossibile.
Non puoi trascendere da questo, se questo è quando hai visto, respirato ed imparato nella vita.
Che poi, a pensarci bene, chi vuole trascenderne? Chi è disposto ad accettare qualcosa di diverso sapendo che può esistere una cosa così...
ora, a dispetto di quello che puó pensare Freud, o la Melanie, sua discepola, che sinceramente a me mi inquieta un po la figura di Freud, perché uno che partorisce certe idee, così dal niente, qualche problema ce l'aveva già di suo, a dispetto di quello che dice lui, a me mancherà sempre qualcosa.
Tutto questo in buona sostanza significa: avere come esempio di vita l'amore è un male.
Vedere come si vive in mezzo all'amore ti mette un sacco di paletti, di limiti e di vincoli. è oggettivo!
Vedere il loro amore rende più chiari i miei confini e più limpide le mie mancanze.
Che il mio ormai famoso senso di inadeguatezza si propaga e dilaga al pensiero che io dovrei vivere un amore così e sono lontana anni luce anche solo dall'averlo intravisto da lontano, un amore così.
Quella è la strada per la felicità e saperlo mi rende il percorso per raggiungerla più facile o più tortuoso?
Per stasera dovrò accontentarmi di una serata tra amici, di cose semplici, che non sono poi così male, non sono male per niente, in effetti.
Per stasera, che è Natale e si sa che siamo tutti più buoni, anche io che buona non lo sono mai, mi sento fortunata un po come è fortunata la mia mamma, a modo mio, ad avere chi mi scrive "per me sei la numero uno". Che ad essere la numero uno per una persona come lui c'è già da sentirsi arrivate nella vita.
E per la cronaca, uno come lui, a mio padre piacerebbe pure.
sabato 22 dicembre 2012
E poi mi chiedono perché sono ancora SINGLE
Sono le quattro del mattino di un sabato notte trascorso con due meravigliose amiche bionde e dormire è fuori discussione.
Sono talmente in botta da stimoli, visivi, uditivi (e olfattivi, DIOCENESCAMPI), che proprio non si può dormire, quando hai trascorso una serata così.
Stasera, gentili esponenti del sesso opposto, mi avete offerto una serie talmente ampia e interessante di spunti di riflessione che il mio status sociale di ZITELLA impenitente si amplia e si colora di sfumature impensate.
E dopo stasera, e lo dico con un pizzico di sollievo, mi sento un po' meno colpevole.
Che si sa, io sono una stronza, ormai é stato detto, che "non si capisce mai cosa pensi davvero" e che io c'ho la faccia da bambola bastarda....lo so, lo so.
Ma stasera, all'equazione UOMO=PAPPA+CACCA+SONNO (+ VOGLIOTROMBARE), si aggiungono, in ordine sparso:
Mi ubriaco, ballo sconsideratamente, mi ubriaco tanto, mi ubriaco in modo molesto, limono qualsiasi cosa mi capìti a tiro (che la mia professoressa all'università diceva "ogni cosa ha il suo nome", ma in questo caso si può parlare solo di COSA in senso meramente oggettivo), sudo in modo imbarazzante, biascico parole a caso, faccio avance in modo molesto, molesto, sono molesto, inneggio imbarazzanti cori alla malcapitata mamma puttana di qualcuno a caso, mi picchio con qualcuno a caso perché fa uomo rude, mi picchio con un amico perché fa capobranco, mi picchio da solo perché sono scemo...spintono perché io sono forte e c'ho il muscolo scolpito, sbavo dietro a due poverette che si strusciano ignare di denigrare la popolazione femminile tutta, sbavo ancora di più dietro a quelle due oche che più tu sbavi e più loro si strusciano, che se sbavo ancora un po' poi magari quelle si baciano e io raggiungo il nirvana, bevo fino a raggiungere il tasso alcolico limite per il coma etilico e se poi, in coma etilico ci finisco davvero, sai che Figo quando lo racconto agli amici? "Bevoooo, bevoooo, bevo, bevo, bevo, mi ubriaco e sono felice anche se poi vomito", eccolo, l'inneggiante inno alla supremazia maschile.
E noi siamo il sesso debole.
Stasera, giusto per citare un episodio, ho ricevuto un invito a cena.
Fin qui, tutto piuttosto nella norma...
LUI: ciao Giulia, ti ho vista tutta sola e sono venuto a salutarti
IO: ciao, hai fatto bene, come stai? Cosa fai adesso?
LUI: cosa faccio stasera?
IO: mmmmm, no, nella vita, ma non importa, bevuto troppo? Ce la fai ad articolare un pensiero?
LUI: si, mmmmm, no, ecco, mmmm, si, eehhhmmm, cioè, si, no, pensavo che non ti ho mai chiesto di uscire perché sei la sorella di un caro amico, ma adesso che non convivo più perché quella situazione non mi piaceva e ho scoperto che non sono uno da convivenza, magari ti invito a cena
IO:...............................
IO:????????????????
IO:!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
IO: sono ancora la sorella di un tuo amico
LUI: si, si, ma noi siamo amici su Facebook? Perché non mi piace chiedere numeri di telefono alle ragazze quando sono ubriaco (ma gli inviti a cena, quelli si eh? N.d.r, cazzo!) me la mandi l'amicizia? Così andiamo a cena?
IO: ne parliamo poi quando sei sobrio ok?
LUI: nwgekjrhkejrfjeirltsdnwekgksjhisfuglietjgntgbvjhbjhefkruotilkaerng kguehrgj dstjgseuitghekfjgniu skdjngrsttksrtngljnio irsngourstgiusethglg
IO: ciao. Buona serata, divertiti.
Adesso, e c'ho i testimoni e ve lo giuro che non sto esagerando, ma davvero non saranno passati cinque minuti di orologio da questo interessante dialogo che lo vedo a 10 metri da me che si limona impenitente una presa a caso dalla pista da ballo.
Mi giro dalla parte opposta, per risparmiare ai miei occhi cotanta scena (e la mia amica che ride sguaiatamente) e scorgo tre strani individui che ballano con le magliette tirate su e la pancia scoperta, ma perché? Perdio????
Disperata. A quel punto sono in panico: sono circondata da imbecilli. No, perché al peggio non c'è mai fine e il mio "spasimante", perché fa scena chiamarlo così, finito di limonare torna alla carica come niente fosse, lui. Riproponendo la manfrina dell'amicizia su Facebook e altre cose che, come significato, avevano più o meno questo: wejkhkaejrn ktughiuewrhgruewrh oindsiuelsihgesljtng sarkgeakrgaekrjng kesigtuhksk ijogasrkjf.
Stasera ho visto di tutto, il mondo doveva finire ieri, i maya si sono sbagliati e tutti gli esemplari assurdi esistenti su questo pianeta sono usciti dai rifugi antiatomici che si erano costruiti, rovinati da giorni di deprivazione sensoriale, per riversarsi senza pietà nel locale da me e dalle due amiche bionde scelto per qualche ora di magra caccia.
La storia del vitellone, italiano medio, con camicia bianca iper aderente sotto un giaccone di montone peloso alla TRONISTASTYLE che ci prova, in questo ordine con me, con amica bionda 1 e amica bionda 2 ed al terzo rifiuto comincia a riversare epiteti eleganti e imprecazioni lusinghiere, questa storia ve la risparmio, per stasera, ma forse solo perché non posso sopportare troppo, qualcosa devo dimenticarlo, per sopravvivere.
Ora, mie cari uomini, che io vi amo, tutti, incondizionatamente e so che lo sapete, sempre per non fare di tutta un'erba un fascio, vale sempre la regola dell'eccezione che questa regola la convalida (o la invalida), e quindi io lo so che abilmente e sapientemente mescolati nel branco inumano di uomini da circo, ci siete anche voi, portatori sani di cervello, che se fosse per me vi proporrei al WWF come specie in via di estinzione da proteggere. Manderei anche un contributo economico, a mezzo bollettino postale, se servisse a mantenervi in salute.
So che ci siete perché stasera, nel delirio generale, uno di voi mi ha regalato qualche minuto di brillante conversazione, che mi ha aiutata a rileggere alcuni degli avvenimenti della serata in chiave maschile, che apprezzo lo sforzo, ma ci vuole di più per scalfire il retaggio di tutti i miei anni di esperienze negative, caro mio. Comunque sei stato un faro nella notte, lo dico per te, per chi sta con te e per chi ci starà, che le relazioni non sono tutte impegnative e che, anzi, non dovrebbero esserlo per niente, che una relazione dovrebbe essere semplice, caro il mio faro nella notte, stasera la lezione è questa: è probabile che qualche lanterna ci sia, la fuori, che non siano tutte lucciole, possiamo solo incrociare le dita, appenderci al collo la zampa di un coniglio, farci il segno della croce, per chi ci crede, accendere un cero alla Madonna, a Padre Pio, a sant'Antonio ecc ecc ecc e sperare di inciamparci, prima o poi, sulla nostra lanterna.
E fu così, grazie al mio famoso dono della sintesi, che si fecero le 5 del mattino.
Vado a dormire che c'ho una certa età, io.
Sono talmente in botta da stimoli, visivi, uditivi (e olfattivi, DIOCENESCAMPI), che proprio non si può dormire, quando hai trascorso una serata così.
Stasera, gentili esponenti del sesso opposto, mi avete offerto una serie talmente ampia e interessante di spunti di riflessione che il mio status sociale di ZITELLA impenitente si amplia e si colora di sfumature impensate.
E dopo stasera, e lo dico con un pizzico di sollievo, mi sento un po' meno colpevole.
Che si sa, io sono una stronza, ormai é stato detto, che "non si capisce mai cosa pensi davvero" e che io c'ho la faccia da bambola bastarda....lo so, lo so.
Ma stasera, all'equazione UOMO=PAPPA+CACCA+SONNO (+ VOGLIOTROMBARE), si aggiungono, in ordine sparso:
Mi ubriaco, ballo sconsideratamente, mi ubriaco tanto, mi ubriaco in modo molesto, limono qualsiasi cosa mi capìti a tiro (che la mia professoressa all'università diceva "ogni cosa ha il suo nome", ma in questo caso si può parlare solo di COSA in senso meramente oggettivo), sudo in modo imbarazzante, biascico parole a caso, faccio avance in modo molesto, molesto, sono molesto, inneggio imbarazzanti cori alla malcapitata mamma puttana di qualcuno a caso, mi picchio con qualcuno a caso perché fa uomo rude, mi picchio con un amico perché fa capobranco, mi picchio da solo perché sono scemo...spintono perché io sono forte e c'ho il muscolo scolpito, sbavo dietro a due poverette che si strusciano ignare di denigrare la popolazione femminile tutta, sbavo ancora di più dietro a quelle due oche che più tu sbavi e più loro si strusciano, che se sbavo ancora un po' poi magari quelle si baciano e io raggiungo il nirvana, bevo fino a raggiungere il tasso alcolico limite per il coma etilico e se poi, in coma etilico ci finisco davvero, sai che Figo quando lo racconto agli amici? "Bevoooo, bevoooo, bevo, bevo, bevo, mi ubriaco e sono felice anche se poi vomito", eccolo, l'inneggiante inno alla supremazia maschile.
E noi siamo il sesso debole.
Stasera, giusto per citare un episodio, ho ricevuto un invito a cena.
Fin qui, tutto piuttosto nella norma...
LUI: ciao Giulia, ti ho vista tutta sola e sono venuto a salutarti
IO: ciao, hai fatto bene, come stai? Cosa fai adesso?
LUI: cosa faccio stasera?
IO: mmmmm, no, nella vita, ma non importa, bevuto troppo? Ce la fai ad articolare un pensiero?
LUI: si, mmmmm, no, ecco, mmmm, si, eehhhmmm, cioè, si, no, pensavo che non ti ho mai chiesto di uscire perché sei la sorella di un caro amico, ma adesso che non convivo più perché quella situazione non mi piaceva e ho scoperto che non sono uno da convivenza, magari ti invito a cena
IO:...............................
IO:????????????????
IO:!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
IO: sono ancora la sorella di un tuo amico
LUI: si, si, ma noi siamo amici su Facebook? Perché non mi piace chiedere numeri di telefono alle ragazze quando sono ubriaco (ma gli inviti a cena, quelli si eh? N.d.r, cazzo!) me la mandi l'amicizia? Così andiamo a cena?
IO: ne parliamo poi quando sei sobrio ok?
LUI: nwgekjrhkejrfjeirltsdnwekgksjhisfuglietjgntgbvjhbjhefkruotilkaerng kguehrgj dstjgseuitghekfjgniu skdjngrsttksrtngljnio irsngourstgiusethglg
IO: ciao. Buona serata, divertiti.
Adesso, e c'ho i testimoni e ve lo giuro che non sto esagerando, ma davvero non saranno passati cinque minuti di orologio da questo interessante dialogo che lo vedo a 10 metri da me che si limona impenitente una presa a caso dalla pista da ballo.
Mi giro dalla parte opposta, per risparmiare ai miei occhi cotanta scena (e la mia amica che ride sguaiatamente) e scorgo tre strani individui che ballano con le magliette tirate su e la pancia scoperta, ma perché? Perdio????
Disperata. A quel punto sono in panico: sono circondata da imbecilli. No, perché al peggio non c'è mai fine e il mio "spasimante", perché fa scena chiamarlo così, finito di limonare torna alla carica come niente fosse, lui. Riproponendo la manfrina dell'amicizia su Facebook e altre cose che, come significato, avevano più o meno questo: wejkhkaejrn ktughiuewrhgruewrh oindsiuelsihgesljtng sarkgeakrgaekrjng kesigtuhksk ijogasrkjf.
Stasera ho visto di tutto, il mondo doveva finire ieri, i maya si sono sbagliati e tutti gli esemplari assurdi esistenti su questo pianeta sono usciti dai rifugi antiatomici che si erano costruiti, rovinati da giorni di deprivazione sensoriale, per riversarsi senza pietà nel locale da me e dalle due amiche bionde scelto per qualche ora di magra caccia.
La storia del vitellone, italiano medio, con camicia bianca iper aderente sotto un giaccone di montone peloso alla TRONISTASTYLE che ci prova, in questo ordine con me, con amica bionda 1 e amica bionda 2 ed al terzo rifiuto comincia a riversare epiteti eleganti e imprecazioni lusinghiere, questa storia ve la risparmio, per stasera, ma forse solo perché non posso sopportare troppo, qualcosa devo dimenticarlo, per sopravvivere.
Ora, mie cari uomini, che io vi amo, tutti, incondizionatamente e so che lo sapete, sempre per non fare di tutta un'erba un fascio, vale sempre la regola dell'eccezione che questa regola la convalida (o la invalida), e quindi io lo so che abilmente e sapientemente mescolati nel branco inumano di uomini da circo, ci siete anche voi, portatori sani di cervello, che se fosse per me vi proporrei al WWF come specie in via di estinzione da proteggere. Manderei anche un contributo economico, a mezzo bollettino postale, se servisse a mantenervi in salute.
So che ci siete perché stasera, nel delirio generale, uno di voi mi ha regalato qualche minuto di brillante conversazione, che mi ha aiutata a rileggere alcuni degli avvenimenti della serata in chiave maschile, che apprezzo lo sforzo, ma ci vuole di più per scalfire il retaggio di tutti i miei anni di esperienze negative, caro mio. Comunque sei stato un faro nella notte, lo dico per te, per chi sta con te e per chi ci starà, che le relazioni non sono tutte impegnative e che, anzi, non dovrebbero esserlo per niente, che una relazione dovrebbe essere semplice, caro il mio faro nella notte, stasera la lezione è questa: è probabile che qualche lanterna ci sia, la fuori, che non siano tutte lucciole, possiamo solo incrociare le dita, appenderci al collo la zampa di un coniglio, farci il segno della croce, per chi ci crede, accendere un cero alla Madonna, a Padre Pio, a sant'Antonio ecc ecc ecc e sperare di inciamparci, prima o poi, sulla nostra lanterna.
E fu così, grazie al mio famoso dono della sintesi, che si fecero le 5 del mattino.
Vado a dormire che c'ho una certa età, io.
venerdì 21 dicembre 2012
Se mio fratello sapesse
Se sapessi, davvero, com'è stato per noi capiresti perché Papà da quel giorno non è più lo stesso.
Se sapessi, davvero, com'è stato per noi capiresti perché la mamma ora è più fragile.
Capiresti perché Tu per me non sei più solo un fratello, ammesso che tu sia mai stato solo un fratello, ammesso che un fratello possa essere "solo un fratello".
Noi non sappiamo cosa dev'essere stato per te quel periodo, quei mesi da malato, malato davvero, noi non lo sappiamo cosa hai provato.
Io non lo so.
Anche su quel l'unica volta che ti sei fatto scappare quella frase: " perché a me?" , Io l'ho capito che non eri forte come volevi farci credere, anche se subito dopo hai aggiunto "meglio a me che alla mamma", ma ormai l'avevi fatta, quella domanda, e l'avevi fatta a me.
E Io e cos'avrei dato per fare a cambio di posto.
A volte lo si dice: vorrei prendermi un po' del tuo dolore. Ma quando poi, quel dolore lo vedi davvero, sulla faccia di chi ami, non ti basterebbe prenderne un po', lo vuoi tutto, quel dolore, vuoi che torni a camminare, a mangiare, a dormire.
Perché cazzo vomiti anche gli antidolorifici?
Perché cazzo non riesci a stare in piedi?
Perché cazzo dormi con gli occhi aperti?
Perché cazzo non mangi?
Nemmeno l'ovetto kinder, nemmeno l'estathe,
Perché non ti danno una medicina? Perché non ti fanno guarire?
No, quello che hai tu non si cura, per quello che hai tu bisogna solo fare trasfusioni e sperare che quel coso che hai al dito, quella sonda, non cambi rumore, che non suoni più forte.
Quel monitor maledetto, quella macchina per la pressione che ti stritolava il braccio, ogni volta.
Se tu sapessi quante volte ti ho guardato dormire, senza sapere cosa dovevo fare, se non stare li a guardarti dormire.
Se tu sapessi che ogni mattina alle 6, quando venivo a dare il cambio a mamma in ospedale, la trovavo un po' più piccola.
Se tu sapessi con quanta ansia aprivo quei pacchetti di figurine, sperando di tenerti impegnato, per un po'.
Quante volte é vibrato il telefono nella mia tasca, mentre ti aiutavo a vestirti, o a lavarti.
Quante volte ho lasciato il telefono suonare a vuoto, perché chiunque fosse a me non importava di niente, tranne che di te.
Sono arrivata a febbraio, da te, mentre tu eri in ospedale ed io in albergo ho dovuto comprarmi scarpe primaverili e vestiti leggeri.
É cambiata la stagione mentre aspettavamo che tu tornassi a correre.
In quei giorni, che come sei stato tu non lo capiremo mai, e quello che abbiamo passato ci ha rincorso negli incubi per troppe notti, l'unico che mi faceva ridere comunque eri tu.
ricordo le poltrone della sala d'aspetto, il suono del campanello per le infermiere e la maglia con il disegno dell'uovo fritto che ti mettevi, perché tu il pigiama no e poi no.
Tu non lo sai, ma quando sono tornata a Roma, alla mia vita, la prima sera ho parlato con papà al telefono e prima di salutarmi mi ha detto: "mi manchi bimba".
Eravamo stati insieme per mesi, a Torino, ero via da poche ore, ma gli ero mancata, tutto il tempo, come se non fossimo stati insieme ogni giorno, perchè ogni giorno avevamo vissuto per te.
Quella notte ho pianto per quella frase e per ogni singolo minuto dei mesi che avevamo vissuto, perché fino a quella notte, per le lacrime, non c'era stato il tempo.
Per fortuna che questa é una di quelle storie che finiscono bene.
É proprio il caso di dirlo, questo, TUTTO É BENE QUEL CHE FINISCE BENE.
io non sarò mai più la stessa, tu nemmeno, ma doveva andare così.
Se sapessi, davvero, com'è stato per noi capiresti perché la mamma ora è più fragile.
Capiresti perché Tu per me non sei più solo un fratello, ammesso che tu sia mai stato solo un fratello, ammesso che un fratello possa essere "solo un fratello".
Noi non sappiamo cosa dev'essere stato per te quel periodo, quei mesi da malato, malato davvero, noi non lo sappiamo cosa hai provato.
Io non lo so.
Anche su quel l'unica volta che ti sei fatto scappare quella frase: " perché a me?" , Io l'ho capito che non eri forte come volevi farci credere, anche se subito dopo hai aggiunto "meglio a me che alla mamma", ma ormai l'avevi fatta, quella domanda, e l'avevi fatta a me.
E Io e cos'avrei dato per fare a cambio di posto.
A volte lo si dice: vorrei prendermi un po' del tuo dolore. Ma quando poi, quel dolore lo vedi davvero, sulla faccia di chi ami, non ti basterebbe prenderne un po', lo vuoi tutto, quel dolore, vuoi che torni a camminare, a mangiare, a dormire.
Perché cazzo vomiti anche gli antidolorifici?
Perché cazzo non riesci a stare in piedi?
Perché cazzo dormi con gli occhi aperti?
Perché cazzo non mangi?
Nemmeno l'ovetto kinder, nemmeno l'estathe,
Perché non ti danno una medicina? Perché non ti fanno guarire?
No, quello che hai tu non si cura, per quello che hai tu bisogna solo fare trasfusioni e sperare che quel coso che hai al dito, quella sonda, non cambi rumore, che non suoni più forte.
Quel monitor maledetto, quella macchina per la pressione che ti stritolava il braccio, ogni volta.
Se tu sapessi quante volte ti ho guardato dormire, senza sapere cosa dovevo fare, se non stare li a guardarti dormire.
Se tu sapessi che ogni mattina alle 6, quando venivo a dare il cambio a mamma in ospedale, la trovavo un po' più piccola.
Se tu sapessi con quanta ansia aprivo quei pacchetti di figurine, sperando di tenerti impegnato, per un po'.
Quante volte é vibrato il telefono nella mia tasca, mentre ti aiutavo a vestirti, o a lavarti.
Quante volte ho lasciato il telefono suonare a vuoto, perché chiunque fosse a me non importava di niente, tranne che di te.
Sono arrivata a febbraio, da te, mentre tu eri in ospedale ed io in albergo ho dovuto comprarmi scarpe primaverili e vestiti leggeri.
É cambiata la stagione mentre aspettavamo che tu tornassi a correre.
In quei giorni, che come sei stato tu non lo capiremo mai, e quello che abbiamo passato ci ha rincorso negli incubi per troppe notti, l'unico che mi faceva ridere comunque eri tu.
ricordo le poltrone della sala d'aspetto, il suono del campanello per le infermiere e la maglia con il disegno dell'uovo fritto che ti mettevi, perché tu il pigiama no e poi no.
Tu non lo sai, ma quando sono tornata a Roma, alla mia vita, la prima sera ho parlato con papà al telefono e prima di salutarmi mi ha detto: "mi manchi bimba".
Eravamo stati insieme per mesi, a Torino, ero via da poche ore, ma gli ero mancata, tutto il tempo, come se non fossimo stati insieme ogni giorno, perchè ogni giorno avevamo vissuto per te.
Quella notte ho pianto per quella frase e per ogni singolo minuto dei mesi che avevamo vissuto, perché fino a quella notte, per le lacrime, non c'era stato il tempo.
Per fortuna che questa é una di quelle storie che finiscono bene.
É proprio il caso di dirlo, questo, TUTTO É BENE QUEL CHE FINISCE BENE.
io non sarò mai più la stessa, tu nemmeno, ma doveva andare così.
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